
Camminava perdendo lo sguardo all'orizzonte dei palazzi, con andatura lenta. All'improvviso, il numero 93, in tutta la sua luminosità, le sfrecciò accanto, disegnandole lo stupore sul volto. Con gli occhi ancora assonnati, afferrò - decisa - la borsa, prese - a pieni polmoni - una boccata d'aria fredda e iniziò la sua corsa. Un'altra, ancora.
Le porte si aprirono, lei balzò sull'autobus, che - miracolosamente - l'aveva aspettata. Entrò con nonchalance, col sudore raggelato sulla fronte. Si rese conto d'essere osservata e fu in quel momento preciso che abbassò timidamente le ciglia.
Affianco a lei, un viaggiatore sconosciuto, con ritmo cadenzato del piede, teneva il tempo della musica che accompagnava il suo tragitto. Lei sorrise a questo gesto così spontaneo. Con un movimento delicato si tolse il cappello e aspettò, paziente, la sua fermata. Le serrande dei negozi erano tirate su a metà, i banconi dei bar già colmi di gente ed i clacson non davano tregua.
C'è sempre chi, al semaforo, aspetta - fremente - che il rosso diventi verde e chi - impaziente - accelera affinchè l'arancione non diventi rosso. Non ci si accontenta mai.
C'è chi legge il giornale tenendosi in bilico con una sola mano, chi ha gli occhi tristi, persi in un dove troppo lontano, irraggiungibile, inafferrabile, anche da lei, da lei che nota ed osserva tutto.
Le porte si aprirono, altra gente salì, non scese nessuno.
Ci sono viaggi in cui si sta compressi come sardine in quelle scatole di latta, dalla lama sottile, che apriamo con cautela per paura di tagliarci.
Alcuni occhi sono proprio come quella lama, fessure taglienti che lasciano intravedere un mondo buio e scuro, come pozzi senza fondo. La gente ti spinge, ti alita addosso, gli ombrelli bagnati s'attaccano alle gambe, i pantaloni s'inumidiscono come gli occhi stanchi di quel vecchio, dalle mani nodose aggrappate ad un bastone di legno consumato, compagno di saggezza. Mani bianche, piccole e curate sfiorano quelle di un indiano, dalle unghie arrotondate e più chiare del palmo, mani che hanno una storia lontana da raccontare. Un'altra fermata ed altre storie s'intrecciano come tutte quelle dita che per un istante s'incontrano, si passano un pò di vita da pelle a pelle, da pupilla a pupilla. In quell'istante mattutino, che dura solo pochi minuti, si bevono occhi ed anime come fossero un bicchiere di vino rosso. Quando si scende alla propria fermata, i piedi tremano, lo stomaco tace e la testa gira. Ci si sente come ubriachi per tutto quel flusso rosso di vita che - a prima mattina - t'investe con tutta la sua straordinaria normalità.