venerdì 26 dicembre 2008

diari.di.metrò


Il biglietto dell'atac tra le dita, come una carta da gioco. La borsa a tracolla, il cappello dall'elastico lento, le scivola sotto le sopracciglia, un guanto tolto ed un sacchetto nella mano destra. Il collo sudato e la gente che ha fretta.
Infila il biglietto che, con un rumore metallico, viene divorato dalla macchinetta e sputato fuori, un istante dopo.
Le porte trasparenti si aprono veloci e lei esita un attimo prima di passarvi attraverso.
Le supera e tira un sospiro. Torna verso casa, con i tacchi degli stivali consumati da un lato ed il biglietto ancora in mano.
Un ragazzo con una valigia nera ed una sciarpa di velluto a righe blu e grigie, i capelli lisci, le sorride cogl'occhi, senza mostrare i denti. Ha la pelle talmente chiara che le vene sulle tempie sembrano sottili ruscelli.
La sua spontaneità ha qualcosa di straniero. Le parole restano mute eppure nei suoi sguardi lei ritrova terre dell'est.
Il display giallo annuncia l'arrivo del metrò.
Tutti si dispongono, per bene, in linea, l'uno affianco all'altro, i piedi dietro la linea gialla, le cuffie bianche degli mp3, tutte uguali, nelle orecchie e lo sguardo perso dietro pensieri nascosti.
L'acciaio delle rotaie stride, i disegni impressi sulle pareti del metrò sono l'unica nota colorata in quella stazione. Le porte si aprono e tanti corpi ne formano uno solo, grande ed indefinito.
La ragazza spintona, infila un piede, ma un ragazzo con un cappotto nero ed un grande violoncello le dà una spallata e lei, rinuncia alla sua corsa. Le porte si chiudono, l'acciao riprende a stridere, e lei si volta a guardare la coda che riparte, veloce, e sparisce, come quella di un serpente infastidito, dietro la curva nera del tunnel.
Si chiede se aspettarne un altro, sia stata scelta saggia. A volte, frazioni d'attimi, cambiano una vita. E certa umanità, quando la osservi, ti entra dentro e s'espande come una goccia d'olio in un bicchiere d'acqua.



Foto di Dr. Karanka.